Per iniziare una nuova storia

La Commissione Giustizia & Pace dei Missionari Comboniani si rivolge ai Vescovi chiedendo la stessa tempestività e vigore espresse per ribadire la libertà di culto, anche nella difesa dei più sofferenti del pianeta e contro il mercato delle armi

30 Aprile 2020, Commissione Giustizia & Pace dei Missionari Comboniani

Cari padri Vescovi, pace e vita.

In questo tempo dolorosissimo per l’umanità intera afflitta dalla pandemia, come Missionari, portiamo nel cuore il grido dei tantissimi impoveriti che sale a Dio da ogni angolo del mondo. Dall’Amazzonia alle baraccopoli africane, dai fratelli e sorelle migranti nei lager libici e nei campi profughi delle isole greche che cercano di scappare in mare rifiutati dall’Italia e dall’Europa, a quelli che tentano la rotta balcanica.

In questi giorni sono in corso vere e proprie lotte per il cibo a Nairobi, Ougadougou, Johannesburg. Ma anche qui in Italia, molte più persone sentono i crampi della fame e bussano alle nostre Caritas. Come non riconoscere in questi crocifissi il volto di Gesù di Nazaret (Mt 25,31-46)?

 

mons. Beniamino De  Palma, Vescovo-Arcivescovo di Nola

 

L’episodio evangelico dei discepoli di Emmaus (Lc 24, 13-35) dovrebbe essere, per la Chiesa di tutti i tempi, un riferimento canonico circa lo stile della sua missione. Gesù si accosta e cammina con i discepoli, senza invadenza, ma condividendo «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono» (Gaudium et Spes 1). Traduciamolo per noi: il battesimo non cancella il nostro essere cittadini del mondo, ma lo esige. Appartenere fino in fondo alla comune umanità è la condizione della fede, perché senza di essa anche il Vangelo non sarebbe udibile, non risuonerebbe come lieta notizia, rischiando di essere percepito come ideologia.

Se oggi, a causa della pandemia, non siamo nelle condizioni adeguate per poter celebrare insieme l’Eucaristia, non significa che venga meno la “libertà di culto”, ma si tratta di riscoprire la prima, fondamentale, profetica testimonianza cristiana dello stare accanto, della capacità di condividere nel quotidiano la fatica che tutti stiamo attraversando.

 

Mattino del 27 Aprile 2020

  1. MichaelDavide, monaco

 

Carissimo Vescovo,

permettimi di condividere con te la riflessione di questa mattina. Penso alla reazione forte della CEI alla dichiarazione del Presidente del Consiglio circa la famigerata "fase 2". Se ho capito bene, si invoca la "libertà di culto" per reagire alla delusione del mantenimento delle restrizioni circa le celebrazioni liturgiche con la sola eccezione per i funerali. Non ritengo assolutamente di conoscere l'insieme della questione e non penso di avere né soluzioni da proporre, né approcci più saggi di quello di chi è costituito in autorità nella Chiesa. Ma condivido con te questa suggestione che mi è salita dal cuore passando dalle “ultime notizie” all'angolo della mia cella in cui mi dedico alla Lectio divina:

 

 

La riflessione del reverendo D’Ambrosio

Rocco D’Ambrosio

apparso su: https://formiche.net/2020/04/fede-politica-riti-dambrosio/

 

La nostra fede non andrà in crisi perché non abbiamo Messe, se la perdessimo vuol dire che non l'abbiamo mai avuta. Mai come oggi sembra essere indispensabile un tavolo istituzionale dove tutti i rappresentanti delle comunità di fede religiosa si possano confrontare con le autorità politiche per offrire soluzioni sul da farsi. Il commento del reverendo Rocco D'Ambrosio, professore ordinario di Filosofia Politica all'Università Gregoriana.

 

Il Papa propone «un piano per risorgere» dopo il Covid-19

da L’OSSERVATORE ROMANO, 17 aprile 2020

Papa Francesco ha un «piano per risorgere» dopo la pandemia del covid-19: è indirizzato a tutta l’umanità ed è contenuto nero su bianco in una lettera scritta in spagnolo - la sua lingua madre - fatta pervenire a «Vida Nueva», rivista e portale di notizie religiose e di Chiesa, che l’ha pubblicata venerdì 17 aprile. Di seguito ne riportiamo una nostra traduzione in italiano.

«Ed ecco Gesù venne loro incontro dicendo: “Rallegratevi”» (cfr. Mt, 28, 9)[1]. Sono le prime parole del Risorto dopo che Maria Maddalena e l’altra Maria scoprirono il sepolcro vuoto e s’imbatterono nell’angelo. Il Signore va loro incontro per trasformare il loro lutto in gioia e consolarle in mezzo alle afflizioni (cfr. Ger 31, 13). È il Risorto che vuole risuscitare a una vita nuova le donne e, con loro, l’umanità intera. Vuole farci già iniziare a partecipare della condizione di risorti che ci attende.

 

Meditazione dell’Arcivescovo Mons. Francesco Cacucci in preparazione alla Pasqua. Bari, Cripta della Cattedrale, Lunedì Santo, 6 aprile 2020

La vita ci riserva non solo momenti di gioia e di soddisfazione, ma anche, come quelli che stiamo vivendo, di prova, di sofferenza, di malattia, di morte. E se, come ci ricorda la Gaudium et spes del Concilio ecumenico Vaticano II, «qualsiasi immaginazione vien meno di fronte alla morte» - aggiungerei di fronte ad una epidemia -, carissimi fratelli sacerdoti e diaconi, carissimi fratelli e sorelle, in questo giorno tradizionalmente dedicato nella nostra diocesi alla preparazione delle solennità pasquali, vorrei rivolgermi a tutti, per una parola di serenità e di speranza.

È questo il tempo in cui prendiamo coscienza che scienza e politica non bastano. Il Vangelo, però, non è solo fonte di una speranza individuale che va al di là di questo mondo; è anche annuncio che deve tendere, secondo le stesse parole del Concilio, a creare la materia per il regno di Dio, attraverso una giustizia e un amore che possano realizzarsi già quaggiù, concretamente in questo tempo di emergenza, sia pure in modo incompleto.

 

In questi giorni vediamo rinnovarsi atti di preghiera pubblica per il coronavirus. Ma che cosa significa oggi pregare per la pandemia? In molti però non possiamo avere le stesse emozioni, le stesse aspettative che portarono poi i nostri padri a costruire nel passato chiese di ringraziamento, come la chiesa del Voto di Modena e tante altre. I nostri fratelli di fede di un tempo aspettavano un miracolo e quando pensavano di averlo ottenuto nelasciavano memoria in un edificio, in una iscrizione o nella nomina di un patrono celeste.

 

Da alcuni giorni sto pensando al fatto di mettere su carta ciò che vado riflettendo. Si è vero stiamo vivendo e vivremo un tempo di Quaresima assai particolare e una settimana santa ed una Pasqua altrettanto singolare, “altra” e diversa, ma penso che il Signore - per noi che crediamo ed abbiamo una prospettiva di fede - ci stia parlando ed educando anche in questo tempo di prova, di paure, preoccupazioni, un “kairòs” di grazia e di salvezza che ci invita a non uscire fuori, ma rientrare in noi stessi, secondo l’invito sempre valido ed attuale di S. Agostino nelle sue Confessioni, a fermarci, a fare silenzio e a verificare la nostra vita di uomini, donne, cristiani, preti ed operatori pastorali, per cogliere in noi stessi la verità, l’essenza vera della nostra fede, l’essenziale che «è invisibile agli occhi», come leggiamo nel bel racconto del Piccolo principe, i valori essenziali, sempre belli e veri della nostra vita umana e cristiana.